giovedì 23 dicembre 2021

Manuele Comneno

Manuele I Comneno (1166)
Biblioteca apostolica vaticana, Roma
Manuele Comneno imperatore,
un giorno malinconico di settembre, vicina
sentì la morte. Astrologi di corte
(pagati) blateravano
che sarebbe vissuto a lungo ancora.
Ma, mentre quelli parlano, il sovrano
si sovviene d’antiche consuetudini pie.

Dalle claustrali celle fa recare
vesti sacerdotali,
e le indossa, felice di mostrare
divoto aspetto di monaco o prete.

Fortunati coloro che hanno fede, e finiscono
come il sire Comneno imperatore,
ammantati di fede divotissimamente.
(Konstantinos Kavafis)

martedì 23 novembre 2021

sabato 23 ottobre 2021

Mura

Muro di Berlino - Brezhnev e Honecker
Senza riguardo, senza pudore né pietà,
m’han fabbricato intorno erte, solide mura.

E ora mi dispero, inerte, qua.
Altro non penso: tutto mi rode questa dura

sorte. Avevo da fare tante cose là fuori.
Ma quando fabbricavano come fui così assente!
(Konstantinos Kavafis)

giovedì 23 settembre 2021

Oroferne

Moneta di Oroferne, re di Cappadocia (British Museum)
Questi, che qui sul tetradrammo ha il volto (*)
-come sembra- schiarito dal sorriso,
il volto bello e fine,
questi è Oroferne, figlio d’Ariarato.

Bambino, lo cacciarono via dalla Cappadocia,
dalla gran reggia avita:
lo mandarono a farsi grande là,
nella Ionia, sperduto fra stranieri.

Eccelse notti della Ionia, dove,
senza paure, alla maniera greca,
conobbe la pienezza del piacere!

Asiatico nel cuore; ma nei modi
e nella sua favella, greco,
adorno di turchesi, e vestito alla greca,
fragrante d’un aroma di gelsomino il corpo,
e, fra i giovanni belli della Ionia,
bello della bellezza più ideale.

Come entrarono i Siri in Cappadocia
e lo fecero re,
nel regno s’ingolfò con impeto,
per godere ogni giorno in modo nuovo,
per arraffare avidamente argento e oro,
e pompeggiarsi in una gran letizia
rimirando i tesori luccicare.
Quanto alle cure del paese e del governo,
non sapeva neppure che cosa succedeva.

I Cappàdoci presto lo scacciarono:
riparò in Siria, nella reggia di Demetrio,
a dissipare la vita, a poltrire.

Ma un giorno fu riscossa quell’ignavia
da cure inusitate. Si sovvenne
che per parte di sua madre Antiochide
e di quella vetusta Stratonice
teneva anch’egli del sangue reale
della Siria, un Selèucide era quasi.
Dalle lascivie e dall’ebbrezza emerse,
per poco; e goffo, come trasognato,
qualche cosa cercò di macchinare,
qualche cosa di fare, o vagheggiare.
Fallì miseramente: annichilito.
In qualche posto, forse, fu scritta la sua fine
e s’è persa. O la storia l’ha taciuta,
e a buon diritto non ha perso temo
con un evento di sì scarso peso.

Questi, di cui sul tetradrammo resta
un’orma della bella giovinezza,
della grazia poetica una luce,
e la memoria morbida d’un ragazzo di Ionia,
questi è Oroferne figlio d’Ariarato.
(Konstantinos Kavafis)
(*) Antica moneta greca del periodo ellenistico.

lunedì 23 agosto 2021

I cafoni

Renato Guttuso, "Occupazione delle terre incolte in Sicilia" (1949)
Gemäldegalerie Alte Meister, Dresda

 „In capo a tutti c'è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch'è finito.“

(Ignazio Silone, "Fontamara")

venerdì 23 luglio 2021

La satrapia

Adrien Guignet - La battaglia di Cunassa
Museo del Louvre, Parigi
Che disastro! Sei fatto
per cose grandi e belle
e hai sempre questa sorte infame
che coraggio e successo ti rifiuta;
hai consuetudini vili come intralcio,
meschinità, indifferenze.
Ed è tremendo il giorno che ti arrendi
(il giorno che rinunci e ti dai per vinto)
e ti metti in cammino verso Susa
per andare a trovare il re Artaserse
che benigno ti accoglie alla sua corte
e ti offre satrapie e favori.
E tu le accetti con disperazione
queste cose di cui non sai che farti.
Ben altro chiede l’anima, per altre
cose piange:
per le lodi del popolo e dei Saggi,
i preziosi e difficili consensi;
e l’Agorà, il Teatro, le Ghirlande.
Come può darti tutto ciò Artaserse?
La satrapia può darti queste cose?
E senza queste, me la chiami vita?
(Konstantinos Kavafis)

mercoledì 23 giugno 2021

Nel 31 a.C. ad Alessandria

Lorenzo Alberto Castro - La battaglia di Azio (1672)
National Maritime Museum - Greenwich (UK)
Dalla sua lontana borgata di periferia,
ancora tutto polveroso per il viaggio,

il venditore ambulante è appena arrivato.
E "Incensi!" e "Gomma Arabica!"
"Olio di prima scelta!" "Pomata per i capelli"

gridava nelle strade. Ma con tutto questo chiasso,
e le musiche, e il via vai di gente, non c'è modo di farsi sentire.

La folla lo spintona, lo spinge via, lo stordisce.
E quando alla fine tutto gli gira intorno,
Cos'è questa follia? domanda,

qualcuno gli getta addosso anche l'enorme menzogna
del palazzo - che in Grecia, Antonio ha riportato la vittoria.
(Konstantinos Kavafis)

martedì 18 maggio 2021

Povera patria

Povera patria
Schiacciata dagli abusi del potere
Di gente infame, che non sa cos'è il pudore
Si credono potenti e gli va bene quello che fanno
E tutto gli appartiene
Tra i governanti
Quanti perfetti e inutili buffoni
Questo paese devastato dal dolore
Ma non vi danno un po' di dispiacere
Quei corpi in terra senza più calore?

Non cambierà, non cambierà
No cambierà, forse cambierà

Ma come scusare
Le iene negli stadi e quelle dei giornali?
Nel fango affonda lo stivale dei maiali
Me ne vergogno un poco e mi fa male
Vedere un uomo come un animale

Non cambierà, non cambierà
Sì che cambierà, vedrai che cambierà

Si può sperare
Che il mondo torni a quote più normali
Che possa contemplare il cielo e i fiori
Che non si parli più di dittature
Se avremo ancora un po' da vivere
La primavera intanto tarda ad arrivare

(Franco Battiato)

sabato 8 maggio 2021

Mare mattuitno

Claude Monet - Le falesie di Etretat
Fermarmi qui! Mirare anch’io questa natura un poco.
Del mare mattutino e del limpido cielo
smaglianti azzurri, e gialla riva: tutto
s’abbella nella grande luce effusa.

Fermarmi qui. Illuso di mirare
ciò che vidi davvero l’attimo che ristetti,
e non le mie fantasime, anche qui,
le memorie, le forme del piacere.
(Konstantinos Kavafis)

venerdì 23 aprile 2021

Aspettando i barbari

Evariste Vital Luminais - I Goti attraversano un fiume
Che aspettiamo, raccolti nella piazza?

   Oggi arrivano i barbari.

Perché mai tanta inerzia nel Senato?
E perché i senatori siedono e non fan leggi?

   Oggi arrivano i barbari.
   Che leggi devon fare i senatori?
   Quando verranno le faranno i barbari.

Perché l’imperatore s’è levato
così per tempo e sta, solenne, in trono,
alla porta maggiore, incoronato?

   Oggi arrivano i barbari
   L’imperatore aspetta di ricevere
   il loro capo. E anzi ha già disposto
   l’offerta d’una pergamena. E là
   gli ha scritto molti titoli ed epiteti.

Perché i nostri due consoli e i pretori
sono usciti stamani in toga rossa?
Perché i bracciali con tante ametiste,
gli anelli con gli splendidi smeraldi luccicanti?
Perché brandire le preziose mazze
coi bei ceselli tutti d’oro e argento?

   Oggi arrivano i barbari,
   e questa roba fa impressione ai barbari.

Perché i valenti oratori non vengono
a snocciolare i loro discorsi, come sempre?

   Oggi arrivano i barbari:
   sdegnano la retorica e le arringhe.

Perché d’un tratto questo smarrimento
ansioso? (I volti come si son fatti serii)
Perché rapidamente le strade e piazze
si svuotano, e ritornano tutti a casa perplessi?

   S’è fatta notte, e i barbari non sono più venuti.
   Taluni sono giunti dai confini,
   han detto che di barbari non ce ne sono più.

E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi?
Era una soluzione, quella gente.
(Konstantinos Kavafis, 1904)

giovedì 8 aprile 2021

Ionica

Tempio di Atena a Paestum
Se, frantumati i loro simulacri,
noi li scacciammo via dai loro templi,
non sono morti perciò gli dei.
O terra della Ionia, ancora t’amano,
l’anima loro ti ricorda ancora.
Come aggiorna su te l’alba d’agosto,
nell’aria varca della loro vita un èmpito,
e un’eterea parvenza d’efebo,
indefinita, con passo celere,
varca talora sulle tue colline.
(Konstantinos Kavafis)

lunedì 15 marzo 2021

Idi di marzo

Jean-Léon Gérôme - La morte di Cesare
Walters Art Museum - Baltimora (MD)
Le grandezze paventa,
anima. Le ambizioni, se vincerle non puoi,
secondale, ma sempre cautelosa, esitante.
Quanto più in alto sali,
tanto più scruta, e bada.
E quando all’acme sarai giunto, ormai,
Cesare, quando prenderai figura
d’uomo così famoso, allora bada,
quando cospicuo incedi per via col tuo corteggio:
se mai, di tra la massa, ti s’accosti
un qualche Artemidoro, con uno scritto in mano,
e dica in fretta: «Lèggi questo súbito,
è cosa d’importanza, e ti riguarda»,
allora non mancare di fermarti, non mancare
di differire colloqui e lavori,
di rimuovere i tanti che al saluto
si prostrano (più tardi li vedrai).
Anche il Senato aspetti. E lèggi súbito
il grave scritto che ti reca Artemidoro.
(Konstantinos Kavafis)

martedì 23 febbraio 2021

Didone

Olga Karlatos, "Eneide" (1971)
Improbe Amor, quid non mortalia pectora cogis!
Ire iterum in lacrimas, iterum temptare precando
cogitur et supplex animos summittere amori,
ne quid inexpertum frustra moritura relinquat.


O Amore crudele, a che cosa costringi i cuori degli uomini!
È costretta a ricorrere di nuovo alle lacrime, di nuovo a tentarlo con le preghiere
e, supplichevole, a sottomettere l’orgoglio all’amore,
per non lasciare nulla di intentato, destinata a morire invano.
(Publio Virgilio Marone, Eneide, IV 412-415)



lunedì 8 febbraio 2021

Slealtà

Jean-Auguste-Dominique Ingres  - Giove e Teti (1811)
Museo GranetAix-en-Provence
Quando si celebrarono le nozze
di Teti e Pèleo, alla sontuosa mensa
si levò Apollo, ed esaltò gli sposi
per il virgulto che sarebbe nato
da quell’unione. Disse: «Non sarà
sfiorato mai da morbi. Avrà una vita
lunga». S’allegrò Teti: le parole
d’Apollo, ch’era esperto in profezie,
le sonarono come garanzia per il figlio.
E come Achille si faceva grande, ed era
la sua bellezza gloria di Tessaglia,
Teti serbava in cuore le parole del dio.
Ma un giorno certi vecchi recarono notizie.
Dissero: «Achille è stato ucciso a Troia».
Teti faceva scempio delle vesti di porpora,
si strappava le armille, gli anelli
e li scagliava al suolo. E, fra i lamenti,
le sovvenne il passato. E domandò
cosa faceva Apollo, il dio sapiente,
e dov’era il poeta, che ai conviti diceva
tante belle parole, e dov’era il profeta
mentre nel fiore dell’età le uccidevano il figlio.
I vecchi le risposero che Apollo
era disceso di persona a Troia,
e aveva ucciso, coi Troiani, Achille.
(Konstantinos Kavafis)

sabato 23 gennaio 2021

Li Santi grossi

Beato Angelico, "Tutti i Santi"
ca. 1420 - National Gallery, Londra
Quer zacconaccio indove ciariscoto
er giulio pe mmi’ soscero la festa,
nun za de santi che cce n’è una scesta
che pponno dà in ner culo a Ssanto Toto.

San Rocco è pprotettore de la pesta:
Sant’Emidio protegge er terramoto:
Santa Bbibbiana sta ssopra la testa:
Santa Luscia sull’occhi. Eppoi te noto

pe la gola San Biascio, pe li denti
Sant’Appollonia, e Ssant’Andrea Vellino
pe cchi mmore, dio guardi, d’accidenti.

Pe li morti-de-fame San Carlino,
Sant’Anna pe le donne partorienti,
e ppe li maritati San Martino.
(G.G. Belli, 10 gennaio 1832)

venerdì 8 gennaio 2021

Natale de guera

Jean Lefort - Le Front des flandres Entre Het-sas et Boesinghe 28 9 1917
Ammalapena che s’è fatto giorno,
la prima luce è entrata ne la stalla
e er Bambinello s’è guardato attorno:
“Che freddo, mamma mia. Chi m’aripara?
Che freddo, mamma mia. Chi m’ariscalla?”
“Fijo, la legna è diventata rara
e costa troppo cara pe compralla”.
“E l’asinello mio ‘ndov’è finito?”
“Trasporta la mitraja
sur campo de battaja: è requisito”.
“Er bove?” – “Puro quello
fu mannato ar macello”.
“Ma li Re Maggi ariveno?” – “È impossibile
perché nun c’è la stella che li guida,
la stella nun vò uscì, poco se fida,
pe paura de quarche diriggibile”.

Er Bambinello ha chiesto: “Indove stanno
tutti li campagnoli che l’antr’anno
portaveno la robba ne la grotta?
Nun c’è neppuro un sacco de polenta,
nemmanco una frocella de ricotta”.

“Fijo, li campagnoli stanno in guera,
tutti ar campo e combatteno. La mano
che seminava er grano
e che serviva pe vangà la tera
adesso viè addoprata unicamente
pe ammazzà la gente.
Guarda, laggiù, li lampi
de li bombardamenti!
Li senti?, Dio ce scampi,
li quattrocentoventi
che spaccheno li campi?”

Ner dì così la Madre der Signore
s’è stretta er Fijo ar còre
e s’è asciugata l’occhi co le fasce.
Una lagrima amara pe chi nasce,
una lagrima dorce pe chi mòre.

(Trilussa)

 

venerdì 1 gennaio 2021

Ode al primo giorno dell'anno


Lo distinguiamo dagli altri
come se fosse un cavallino
diverso da tutti i cavalli.
Gli adorniamo la fronte
con un nastro,
gli posiamo sul collo sonagli colorati,
e a mezzanotte
lo andiamo a ricevere
come se fosse
un esploratore che scende da una stella.

Come il pane assomiglia
al pane di ieri,
come un anello a tutti gli anelli: i giorni
sbattono le palpebre
chiari, tintinnanti, fuggiaschi,
e si appoggiano nella notte oscura.

Vedo l’ultimo
giorno
di questo
anno
in una ferrovia, verso le piogge
del distante arcipelago violetto,
e l’uomo
della macchina,
complicata come un orologio del cielo,
che china gli occhi
all’infinito
modello delle rotaie,
alle brillanti manovelle,
ai veloci vincoli del fuoco.

Oh conduttore di treni
sboccati
verso stazioni
nere della notte.
Questa fine dell’anno
senza donna e senza figli,
non è uguale a quello di ieri, a quello di domani?

Dalle vie
e dai sentieri
il primo giorno, la prima aurora
di un anno che comincia,
ha lo stesso ossidato
colore di treno di ferro:
e salutano gli esseri della strada,
le vacche, i villaggi,
nel vapore dell’alba,
senza sapere che si tratta
della porta dell’anno,
di un giorno scosso da campane,
fiorito con piume e garofani.

La terra non lo sa: accoglierà questo giorno
dorato, grigio, celeste,
lo dispiegherà in colline
lo bagnerà con frecce
di trasparente pioggia
e poi lo avvolgerà
nell’ombra.

Eppure
piccola porta della speranza,
nuovo giorno dell’anno,
sebbene tu sia uguale agli altri
come i pani
a ogni altro pane,
ci prepariamo a viverti in altro modo,
ci prepariamo a mangiare, a fiorire,
a sperare.

Ti metteremo
come una torta
nella nostra vita,
ti infiammeremo
come un candelabro,
ti berremo
come un liquido topazio.

Giorno dell’anno nuovo,
giorno elettrico, fresco,
tutte le foglie escono verdi
dal tronco del tuo tempo.

Incoronaci
con acqua,
con gelsomini aperti,
con tutti gli aromi spiegati,
sì,
benché tu sia solo un giorno,
un povero giorno umano,
la tua aureola palpita
su tanti cuori stanchi
e sei,
oh giorno nuovo,
oh nuvola da venire,
pane mai visto,
torre permanente!

(Pablo Neruda)