giovedì 31 dicembre 2020

L’anno nuovo


Indovinami, indovino,
tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà?

Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un ferragosto,
e il giorno dopo il lunedì
sarà sempre un martedì.

Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno.

(Gianni Rodari)

mercoledì 23 dicembre 2020

Er tisichello

Giulio Romano "Due amanti"(1523-1524)
Ermitage, San Pietroburgo
Semo a li confitemini: sò stracco:             (1)
me sento tutto ssciapinato er petto:     (2)
e si cqua nun famò arto a sto ggiuchetto,   (3)
se finisce a Sa’ Stefino der Cacco.

Sta frega de turacci che tte metto,              (4)
tu li pijji pe pprese de tabbacco:
ce vôi sempre la ggionta e ’r zoprattacco,
come si er cazzo mio fussi de ggetto.         (5)

Oggi ch’è festa pôi serrà nnegozzio,
ché lo sa ggni cristiano che la festa
nun è ppe llavorà, mma ppe stà in ozzio.

Manc’oggi? ebbè dduncue àrzete la vesta:
succhia ch’è ddorce. Ma nun zo’ Mammozzio,
si nun t’attacco un schizzettin de pesta.
(G.G. Belli, 26 settembre 1831)
(1) siamo agli estremi; (2) malconcio. (3) arrestiamo; (4) moltitudine; (5) di metallo fuso

martedì 8 dicembre 2020

Monotonia

Vincent van Gogh - Ritratto del dottor Gachet (1890)
Collezione privata, Tokyo
Segue a un giorno monotono un nuovo
giorno, monotono, immutabile. Accadranno
le stesse cose, accadranno di nuovo.
Tutti i momenti uguali vengono, se ne vanno.

Un mese passa e un altro mese accompagna.
Ciò che viene s’immagina senza calcoli strani:
è l’ieri, con la nota noia stagna.
E il domani non sembra più domani.
(Konstantinos Kavafis)

lunedì 23 novembre 2020

«Deus nobis haec otia fecit» (*)

Castelbellino (An)
"C’è  una  certa monotona  uniformità  nei  destini  degli  uomini.  Le  nostre  esistenze  si  svolgono secondo  leggi  antiche  ed  immutabili,  secondo  una  loro  cadenza  uniforme  e  antica.  I sogni  non  si  avverano  mai  e  non  appena  li  vediamo  spezzati,  comprendiamo  a  un tratto  che  le  gioie  maggiori  della  nostra  vita  sono  fuori  della  realtà.  Non  appena  li vediamo  spezzati,  ci  struggiamo  di  nostalgia  per  il  tempo  che  fervevano  in  noi.  La nostra sorte trascorre in questa vicenda di speranze e di nostalgie. (..) Allora io avevo fede in un avvenire facile e lieto, ricco di desideri appagati, di esperienze e di comuni imprese.  Ma  era  quello  il  tempo  migliore  della  mia  vita  e  solo  adesso  che  m’è sfuggito per sempre, solo adesso lo so".
(Natalia Ginzburg, "Inverno in Abruzzo")
(*) «Un dio ci diede questa pace» verso tratto dalla prima egloga del poeta latino Virgilio

domenica 8 novembre 2020

Candele

Jean Monti - Lighting the way
Stanno i giorni futuri innanzi a noi
come una fila di candele accese –
dorate, calde, e vivide.

Restano indietro i giorni del passato,
penosa riga di candele spente:
le più vicine dànno fumo ancora,
fredde, disfatte, e storte.

Non le voglio vedere: m’accora il loro aspetto,
la memoria m’accora del loro antico lume.
E guardo avanti le candele accese.

Non mi voglio voltare, ch’io non scorga, in un brivido,
come s’allunga presto la tenebrosa riga,
come crescono presto le mie candele spente.
(Konstantinos Kavafis)

venerdì 23 ottobre 2020

L'eruzione del Vesuvio

"Eruzione notturna del Vesuvio"
M. Gianni scuola napoletana seconda metà del XIX secolo
« cosí d’alto piombando,
dall’utero tonante
scagliata al ciel profondo,
di ceneri e di pomici e di sassi
notte e ruina, infusa
di bollenti ruscelli,
o pel montano fianco
furiosa tra l’erba
di liquefatti massi
e di metalli e d’infocata arena
scendendo immensa piena,
le cittadi che il mar lá su l’estremo
lido aspergea, confuse
e infranse e ricoperse
in pochi istanti
»
(Giacomo Leopardi, "La ginestra", vv. 212-226)

giovedì 8 ottobre 2020

Un vecchio

Rembrandt -  Autoritratto all'età di 63 anni (1669)
National Gallery, Londra
Interno di caffè. Frastuono. A un tavolino
siede appartato un vecchio. È tutto chino,
con un giornale avanti a sé, nessuna compagnia.

E pensa, nella triste vecchiezza avvilita,
a quanto poco egli godé la vita
quando aveva bellezza, facondia, e vigoria.

Sa ch’è invecchiato molto: lo sente, lo vede.
Ma il tempo ch’era giovane lo crede
quasi ieri. Che spazio breve, che spazio breve.

Riflette. A come la Saggezza l’ha beffato.
Se n’era in tutto (che pazzia!) fidato:
« Domani. Hai tanto tempo » - la bugiarda diceva

Gioie sacrificate... ogni slancio represso...
Ricorda. Ogni occasione persa, adesso
suona come uno scherno al suo senno demente

Fra tante riflessioni, in quella pioggia
di memorie, è stordito il vecchio. Appoggia
il capo al tavolino del caffè... e s’addormenta.
(Konstantinos Kavafis)

mercoledì 23 settembre 2020

Lo sfrappone (*)

Si sséguiti accusí, Cchecco, la sbajji.
Fijjo, co st’impropèrî vacce piano.
Chi è llesto de lingua e nnò de mano
o la tienghi a stecchetta o sse la tajji.

Uno c’annassi a rregola de rajji
credería c’un zomaro marchisciano
se maggnassi un leone sano sano
e un’armata co ttutti li bbagajji.

Certuni a cciarle sò spazza-campaggne,
eppoi a ffatti se la fanno sotto,
e arrivi ar punto de vedelli piaggne.

Er mannatàro ch’era un omo dotto
sai che ddisceva a sti spacca-montaggne?
«Ce vò mmeno a inzurtà cc’a ddà un cazzotto».

(G.G. Belli, 1 febbraio 1838)
(*) spavaldo

martedì 8 settembre 2020

Itaca

William-Adolphe Bouguereau - Ulisse riconosciuto da Euriclea (1849)
Musée des beux-arts, La Rochelle
Quando ti metti in viaggio per Itaca,
devi augurarti che sia lunga la strada,
ricca di avventure e conoscenze.
I Lestrigoni e i Ciclopi,
l’ira di Poseidone non temere,
mai li incontrerai sul tuo cammino
se il pensiero è alto, se nobile
il sentimento che ispira il corpo e lo spirito.
I Lestrigoni e i Ciclopi,
il feroce Poseidone non li incontrerai,
se non li porti dentro l’anima,
se l’anima non te li alza contro.

Devi augurarti che sia lunga la strada
e molti i mattini d’estate
quando – con gioia e piacere –
approderai in porti mai visti
e ti fermerai negli empori fenici
a comprare fine mercanzia:
madreperle e coralli, ambra e ebano,
ogni genere di profumi sensuali,
quanti più puoi, profumi sensuali.
Va’ in molte città dell’Egitto
a imparare e imparare dai sapienti.

Non dimenticarti mai di Itaca.
Raggiungerla è la tua meta.
Ma non affrettare il viaggio.
Meglio che duri molti anni
e, vecchio ormai, tu approdi nell’isola,
ricco di quanto ti ha dato il viaggio,
senza pensare che Itaca ti dia ricchezze.

Itaca ti ha dato il bel viaggio.
Senza di lei non ti avventuravi.
Non ha altro da darti.

E se la trovi povera, Itaca non ti ha ingannato.
Ormai saggio, ricco di esperienze,
avrai capito quel che significa un’Itaca.
(Konstantinos Kavafis)

domenica 23 agosto 2020

Er torto e la raggione

"Il torto e la ragione" Riccardo Guasco
Aibbò, nun zò le ssciabbole e le spade
che ddistingueno er torto e la raggione.
Te l’inzeggnerò io quello c’accade,
fijjo, in ner liticà ttra ddu’ perzone.

Chi nun ha ttorto, pò pparé un leone,
ma ppuro in de l’urlà ccerca le strade
de viení ar dunque, e, mmó cco un paragone
mó cco un antro, de fàtte perzuade.

Quer c’ha ttorto però strilla ppiú fforte:
tajja a mmità er discorzo e scappa via,
e in de lo scappà vvia sbatte le porte.

In quanto all’arme poi, sò una pazzia
per rrimette ar crapiccio de la sorte
tanto la verità cche la bbuscía.

(G.G. Belli, 17 marzo 1834)

sabato 8 agosto 2020

Termopili

Jacques-Louis David - Leonida alle Termopili (1814)
Museo del Louvre, Parigi
Onore a quanti nella propria vita
si proposero la difesa di Termopili.
Mai allontanandosi dal dovere;
giusti e retti in tutte le azioni,
con dolore perfino e compassione;
generosi se ricchi e, se poveri,
anche nel poco generosi,
pronti all’aiuto per quanto possono;
sempre con parole di verità
ma senza odio per chi mente.

E ancora maggiore onore è loro dovuto
se prevedono (e molti lo prevedono)
che alla fine apparirà un Efialte
e i Medi infine passeranno.
(Konstantinos Kavafis)

giovedì 23 luglio 2020

Le scurregge che se curreno appresso

Giorgione "La Tempesta" (1507)
Gallerie dell'Accademia, Venezia
Gran contrasto de venti oggi se sente:
ciaddomina perantro lo scirocco!
Guarda come cquà e llà scappa la ggente
pe ppaura ch’er tempo arzi lo scrocco!

Ma er temporale nun sarebbe ggnente
sino che le campane hanno er batocco:
er malann’è che st’arie d’accidente             
(*)
ponno appestacce in barba de san Rocco.

Lo so bbè io, che mme ce sò incontrato
dove un lebbeccio straportò una pesta
propio de quelle da levatte er fiato.

Se stava a la parrocchia, e ffu de festa:
e lo pò ddí la serva der curato,
ché cquer vento j’arzò ssino ha vesta!

(G.G. Belli, 5 ottobre 1831)
(*) d'occidente

mercoledì 8 luglio 2020

Troiani

Jule Joseph Lefebvre - La morte di Priamo (1861)
École nationale supérieure des beaux-arts - Parigi
Sono, gli sforzi di noi sventurati,
sono, gli sforzi nostri, gli sforzi dei Troiani.
Qualche successo, qualche fiducioso
impegno; ed ecco, incominciamo
a prendere coraggio, a nutrire speranze.

Ma qualche cosa spunta sempre, e ci ferma.
Spunta Achille di fronte a noi sul fossato
e con le grida enormi ci spaura.

Sono, gli sforzi nostri, gli sforzi dei Troiani.
Crediamo che la nostra decisione e l’ardire
muteranno una sorte di rovina.
E stiamo fuori, in campo, per lottare.

Poi, come giunge l’attimo supremo,
ardire e decisione se ne vanno:
l’anima nostra si sconvolge, e manca;
e tutt’intorno alle mura corriamo,
cercando nella fuga scampo.

La nostra fine è certa. Intonano, lassú;
sulle mura, il corrotto.                                            (*)
Dei nostri giorni piangono memorie, sentimenti.
Pianto amaro di Priamo e d’Ecuba su noi.
(Konstantinos Kavafis)
(*) lamento funebre di morte

domenica 5 luglio 2020

La battaglia di Magnesia

Antioco III il Grande - Museo del Louvre, Parigi
Ha perso ormai l’antico impeto, la baldanza.
E l’unica sua cura sembra ormai la mancanza
di forze del suo corpo seminfermo. Sereno
trascorrerà la vita che gli rimane. Almeno
questo tenta, Filippo. Stasera gioca a dadi.
Ha voglia di distrarsi. Nel banchetto, si badi
a spargere le rose. Che importa la disfatta
d’Antioco a Magnesia! A pezzi è stata fatta
quella splendida armata, dicono. Ma sarà
proprio così? S’esagera spesso la verità.

Magari! Era un nemico, ma la stirpe, in sostanza,
è la stessa. Un “magari!”, comunque, basta e avanza.
Filippo non rimanda di certo l’allegrezza
della festa. Per quanto sia grande la stanchezza,
conserva un privilegio tenace: la memoria.
Ricorda come piansero in Siria, alla vittoria
che mandò la gran madre Macedonia in frantumi!
Si cominci il banchetto. Servi, musica! lumi!
(Konstantinos Kavafis)

martedì 23 giugno 2020

Le lingue der Monno

Pieter Bruegel il Vecchio - Grande Torre di Babele (1563)
Kunsthistorisches Museum, Vienna
Sempre ho ssentito a ddí cche li paesi
hanno oggnuno una lingua indifferente,
(1)
che dda sciuchi l’impareno a l’ammente,
(2)
e la parleno poi per èsse intesi.


Sta lingua che ddich’io l’hanno uguarmente
Turchi, Spaggnoli, Moscoviti, Ingresi,
Burrini, Ricciaroli, Marinesi,
e Ffrascatani, e ttutte l’antre ggente.


Ma nnun c’è llingua come la romana
pe ddí una cosa co ttanto divario,
che ppare un magazzino de dogana.


Per essempio noi dimo ar cacatore,
commido, stanziolino, nescessario,logo, ggesso, ladrina e mmonziggnore. (3)
(G.G. Belli, 16 dicembre 1832)
(1) differente; (2) bambini; (3) cesso, latrina

mercoledì 10 giugno 2020

Le sciarlette de la Commare

Eugenio Bosa, "Due comari"'800 veneziano
Dico, diteme un po’, ssora commare,
che sset’ita discenno a Mmadalena
che llui me pista, e nun c’è ppranzo e ccena
che ffinischi tra nnoi senza caggnare?

Ebbè? Ssi Ustacchio me bbastona, è affare
da pijjavvene mó ttutta sta pena?
Che importa a vvoi? Me mena, nun me mena,
è mmarito e ppò ffà cquer che jje pare.

Che vve n’entra in zaccoccia, sora ssciocca,
de li guai nostri? Voi, sora stivala,
impicciateve in quello che vve tocca.

Vardela llí sta scianca a ccressceccala!
Lei se tienghi la lingua in ne la bbocca,
e ss’aricordi er fin de la scecala.
(G.G. Belli, 24 gennaio 1835)

sabato 23 maggio 2020

Una disgrazzia

Ettore Roesler Franz- Roma, scena di vita al ghetto (1880)
Come sò le disgrazzie! Ggiuveddí
in d’un orto viscino a Bbervedé
ciannassimo un tantino a ddivertí
Pepp’er chiavaro, Bennardino e mmé.


Cuanto stassimo alegri! Abbast’a ddí
che cce bbevessim’un barile in tre:
e vverzo notte, in de l’uscí de llí
pijjassimo er risorio in d’un caffè.
(*)

Ma ar tornà a ccasa poi, ner zalí ssú,
cosa diavolo fussi io nu lo so,
sbajjai scalino e mme n’agnedi ggiú.


Ste scale nu le vònno illuminà:
e ecchete spiegato, Picchiabbò,
come sò le disgrazzie a sta scittà.

(G.G. Belli, 13 dicembre 1832)
(*) rosolio

giovedì 23 aprile 2020

Un gastigo de la Madonna

Antonio Ligabue - Gatto con topo in bocca (1958)
A le storielle tue io nun ce storcio:
duncue credi a le mie. Ggiggia e Ggrilletto
s’ereno chiusi a ttanto de scatorcio
pe cquer tal’affaruccio che tt’ho ddetto.

E ggià staveno a mmette a lo spilorcio
der marito una penna ar cappelletto,
cuanno a cquer tipp’e ttappe ecchete un zorcio
che scappa da un cuscino accapalletto.

Visto er nimmico suo, subbito er gatto
pijja l’abbriva, s’aggrufa, se corca,
eppoi zompa sur letto
ippisifatto.

Senti che ccaso! cuella bbestia porca
nell’impito aggranfiò ttutt’in un tratto
un uscello incastrato in d’una sorca.

(G.G. Belli, 13 dicembre 1832)

domenica 12 aprile 2020

La Santa Pasqua

Ecchesce a Ppasqua. Ggià lo vedi, Nino:
la tavola è infiorata sana sana
d’erba-santa-maria, menta romana,
sarvia, perza, vïole e ttrosmarino.

Ggià ssò ppronti dall’antra sittimana
diesci fiaschetti e un bon baril de vino.
Ggià ppe ggrazzia de Ddio fuma er cammino
pe ccelebbrà sta festa a la cristiana.

Cristo è risusscitato: alegramente!
In sta ggiornata nun z’abbadi a spesa
e nun ze penzi a gguai un accidente.

Brodetto, ova, salame, zuppa ingresa,
carciofoli, granelli e ’r rimanente,
tutto a la grolia de la Santa Cchiesa.

(G.G. Belli, 19 aprile 1835)

lunedì 6 aprile 2020

Detto arabo

«Sui cadaveri dei leoni festeggiano i cani credendo di aver vinto.
Ma i leoni rimangono leoni e i cani rimangono cani
».
(Muhammad ibn Idris al-Shafi'i, 767 – 820)

mercoledì 25 marzo 2020

Dantedì

Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;

sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.

E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:

e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi.

(Dante Alighieri, poesia LII delle "Rime")

lunedì 23 marzo 2020

Gaussiane dei nostri tempi

Gennaro fa l'atto di bere il suo caffè, ma l'atteggiamento di Amalia stanco e avvilito gli ferma il gesto a metà. Si avvicina alla donna e, con trasporto di solidarietà, affettuoso, sincero, le dice:
«Teh... Pigliate nu surzo 'e cafè...» (Le offre la tazzina).

Amalia accetta volentieri e guarda il marito con occhi interrogativi nei quali si legge una domanda angosciosa:
«Come ci risaneremo? Come potremo ritornare quelli di una volta? Quando?»

Gennaro intuisce e risponde con il suo tono di pronta saggezza.
«S'ha da aspetta', Ama'. Ha da passa' 'a nuttata.»
E dicendo questa ultima battuta, riprende posto accanto al tavolo come in attesa, ma fiduciosa.
(Eduardo De Filippo, "Napoli milionaria!", 1945)

lunedì 16 marzo 2020

Le frebbe

Nono, Luigi Nono - Al capezzale del malato (1885)
Succede istessamente a mmi’ marito.
Si nun è una, è ll’antra sittimana,
turutuf j’arïoca la terzana,
che ssi lo vedi è ppropio arifinito.

Li ggiorni che nun viè sta frebbe cana,
sta mmosscio e arresta llì ttutto anniscito;
(1)
e mme ggira pe ccasa cor marito,             
(2)
freddo ppiú dde la pietra de funtana.

Cuann’esce er zole, verz’er mezzoggiorno
tanto s’azzarda mezz’oretta a spasso;
ma cquanno piove me sta ssempre attorno.

La notte poi lo lasso stà lo lasso.
Mo ffra de noi che cce pò èsse? un corno.
Sia pe l’amor de Ddio: fascemo passo.

(G.G. Belli, 8 dicembre 1832)
(1), triste, accidioso; (2) scaldino

lunedì 9 marzo 2020

Assedio di Costantinopoli

Philippe de Mazerolles, L'assedio di Costantinopoli (ca. 1470)
Bibliothèque nationale de France, Parigi
“Molto diverse erano le condizioni dei cristiani, che con forti e impotenti lamenti piangevano le loro colpe o la punizione dei loro peccati.... I cittadini accusavano l’imperatore per aver rifiutato ostinatamente di arrendersi al momento opportuno, prevedevano gli orrori della loro sorte e desideravano la tranquillità e la sicurezza della servitù turca”.
(Eduard Gibbon)

lunedì 2 marzo 2020

La bbellezza

Venere Callipigia
Museo Archeologico Nazionale, Napoli
Nun ha da preme a vvoi si nun zò bbella.
Ebbè, ssi nnun zò bbella, sò ppiascente;
e ssi nun piascio a vvoi, piascio a antra ggente.
Ve garbeggia accusì, ssor cacarella?

Le bbellezze l’ha ttutte Marí-Stella,
che dda tanto che ffa la protennente,
ancora nun ha ttrovo un accidente
pe pperde er brutto nome de zitella.

Fuss’omo io, fijjolo, co sti lumi
de luna, nun starebbe a la bbellezza
cuanto c’a la salute e a li custumi.

Ché ggià ste bbelle nun ce pòi commatte;
e mmessa che ppoi j’abbi la capezza,
de scarpe er tempo te le fa cciavatte.

(G.G. Belli, 18 maggio 1833)

lunedì 24 febbraio 2020

L’istoria de Pepèa (*)

Ecco l’istoria de Pepèa de Toto.
Avenno visto da un par d’anni arreto
c’attenneva a ingrassasse, fesce voto
de principià la cura de l’asceto.

Le prime vorte ne pijjava un deto,
po’ un gotto mezzo pieno e mmezzo vòto,
e ffinarmente, come vò er zegreto,
ne bbeveva oggni ggiorno un terramoto.

Beve che tt’aribbeve, appena empito
un barile, era subbito votato;
e accusí è ito pe ddu’ anni, è ito.

E ppoi che bbonifizzio n’ha ccacciato?
C’a fforza de sta cura oggi ha ffinito
cor finí nne la cura der curato.

(G.G. Belli, 16 maggio 1833)
(*) Nepomucena

lunedì 17 febbraio 2020

La notte dell’Asscenzione

Pietro Perugino - Ascensione di Cristo (1496-1500)
Musée des Beaux-Arts, Lione
Domani è ll’asscenzione: ebbè, sta notte
Nostro Siggnore pe bbontà ddivina
se ne ssceggne dar celo a la sordina,
mentre che ll’univerzo o ddorme, o ffotte;

e vva ppe ttutte le maése rotte,                         
(1)
discenno ar grano: «Alò, ppassa e ccammina:
l’acqua diventi latte, eppoi farina,
pe ddiventà ppoi pasta, e ppoi paggnotte».

Ecco a li bbagarozzi la raggione
che jj’accennémo addosso li scerini,
cantanno er
curri curri bbagarone.

Ecco perché sse mette li lumini
a le finestre de le ggente bbone:
perché Ccristo nun batti a li cammini.

(G.G. Belli, 15 maggio 1833)
(1) maggese

lunedì 10 febbraio 2020

Li prim’àbbiti

Masaccio- Cacciata dei progenitori dall'Eden (1425)
Cappella Brancacci, chiesa di Santa Maria del Carmine, Firenze
Avanti de maggnà ll’omo e la donna
de cuer frutto chiamato
er ben’e ’r male,
l’un e ll’antro era iggnudo tal e cquale
com’e Ccristo legato a la colonna.

Ma appena che lo spirito infernale
je fesce fà la prima e la siconna,
loro subbito mésseno la fronna
indove noi mettemo l’urinale.

Duncue bbisoggna dí cche cquarche ccosa
c’ha
er ben’e ’r male de corrisponnenza
l’abbi cor dumpennente e vvarpelosa.

Antrimenti ch’edèra sta sscemenza
d’annasse a vvergoggnà sposo co sposa?
Nun zò ll’istessi co la fronna o ssenza?

(G.G. Belli, 13 maggio 1833)

lunedì 3 febbraio 2020

Er bellìcolo

Adamo ed Eva - Chiesa etiope di Abreha e Atsbeha
Mi’ nonna è una mammana, e mm’aricconta
c’ar monno tutte-cuante le crature
ch’escheno for de le madre-nature
un po’ mmeno o un po’ ppiú ddoppo la monta,

ciànno un budello indove sta l’impronta
der bellícolo nostro; e ddisce pure             
(1)
che, ssenza scerte tale legature,
p’er feudo che scappò lla morte è ppronta.
(2)

Cosa volemo dí dd’Adamo e dd’Eva
che nnun è usscito da ggnisuna fica?
Sto bbudello l’aveva o nnu l’aveva?

Che tte ne pare? Sce saría pericolo
c’a ddipiggne sta coppia tant’antica
s’avessi da piantà ssenza bbellícolo?

(G.G. Belli, 13 maggio 1833)
(1) ombelico; (2) feto

lunedì 27 gennaio 2020

L’anima

Jan Steen - La visita del medico (1658-1662)
Collezione Apsley House, Londra
Oh tteste, vere teste da testiera!
Tante sciarle pe ddí ccome se more!
Du’ frebbettacce, a vvoi, quarche ddolore,
’na stirata de scianche, e bbona sera.

Da sí cc’oggni cazzaccio fa er dottore,
e sputa in càtreda, e armanacca, e spera
de pesà ll’aria drento a la stadera,
se n’hanno da sentí dd’oggni colore.

Perché ll’occhio d’un morto nun ce vede?
Perché cquanno che ll’anima va in strutto,
nun lassa ar posto suo ggnisun’erede.

E mmentr’er corpo spiggionato e bbrutto
è ssord’e mmuto e nnun z’arregge in piede,
lei cammina da sé, pparla, e ffa ttutto.

(G.G. Belli, 11 maggio 1833)

lunedì 20 gennaio 2020

La statua cuperta

Guglielmo della Porta, "Allegoria della Giustizia"
Tomba di Paolo III - Basilica di S. Pietro, Vaticano
Ha osservata, monzú, llei ch’è ffrancese,
cuella statua c’arresta da sta mano
drent’in fonno a Ssan Pietr’in Vaticano,
sott’ar trono de Pavolo Fernese?

La fanno d’un pittore de Milano,
e ttanta bbella, ch’un ziggnore ingrese
’na vorta un zampietrino sce lo prese     
(1)
in atto sconcio e cco l’uscello in mano.

Allora er Papa ch’era Papa allora
je fesce fà ccor bronzo la camiscia
che cce se vede a ttempi nostri ancora.

Cuantuncue sce sò ccerti c’hanno detto
che nnun fussi un Milordo su sta sciscia   
(2)
de pietra a smanicà, mma un chirichetto.

(G.G. Belli, 10 maggio 1833)
(1) inserviente della Fabbrica di S. Pietro; (2) bella donna

lunedì 13 gennaio 2020

Er serpente a sonaji

Dove? Lì ar bussolotto a la Stazione?
Nun ce volevo annà', ma poi ci agnede.
Co' du sòrdi me presi er posto in piede
E me méssi a sentì' la spiegazione.

Dice: - Signori, faccino attenzione,
Che si mai quarchiduno nun ce crede,
Er serpente sta drento a quer cassone
E mo, signori, je lo faccio vede'.

E dopo d'avé' fatto un po' de scene,
Lo cavò fora da li su' bagaji.....
Sia che me s'aggricciassero le vene,

O sia che a me la vista me sbarbaji,
Er serpente lo veddi proprio bene,
Ma non potetti vede' li sonaji.

(Cesare Pascarella)

lunedì 6 gennaio 2020

La bonidizzione der Sommo Pontescife

Ippolito Caffi, Benedizione papale a piazza San Pietro
(1843-1845) Museo di Roma
Curre, peccrisse, curre, Gurgumella,
che ggià er Papa ha dda èsse in portantina.
Eh ssi nun spiggni ppiú, Ddio serenella!,
ciarrivamo er crepìnnisci a mmatina.

Monta dereto a cquarche ccarrettella,
s’hai la guallera gonfia o er mal d’orina
M’hanno acciaccato come ’na frittella
Mancomale: ecco cqua la Strapuntina.

Senti ch’è usscito ggià dda sagristia
er Santo Padre, e mmommó vva ar loggione?
Oé! vvarda laggiù che parapìa!

Ma ddirebb’io: si la bbonidizzione
tutte le zelle nostre s’aripìa,
chi più grossi li fa, meno è cojjone.
(G.G. Belli, 21 agosto 1830)